Utopia

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Il naufragio tra cronaca e storia (17/03/1891)

Pina Mafodda (Autore)
Volturnia Edizioni, 2021
Pagine: 212 -Rilegato
EAN: 9788831339421

10 disponibili (ordinabile)

COD: SM012 Categoria:
Autore: Pina Mafodda

Utopia. Il naufragio tra cronaca e storia (17/03/1891)

La tragedia della nave Utopia, relegata in un orizzonte lontano da noi ormai 130 anni, viene rigenerata e riportata a nuova vita tanto da farcela percepire attuale, così attuale e così presente da farci credere, man mano che le pagine scorrono e s’inseguono sull’onda del pathos e dell’interesse che coinvolgono il lettore, di essere anche noi a bordo, accanto alle centinaia di speranzosi emigranti che s’apprestano ad affrontare le sconosciute acque dell’oceano atlantico, con destinazione New York. Il naufragio dell’Utopia, tuttavia, non è solo una disgrazia dalle proporzioni immani – la più grande tragedia dell’emigrazione italiana di tutti i tempi – ma si offre come la scena conclusiva di una rappresentazione la cui trama è scritta anche attraverso i risvolti sociali ed economici che hanno coinvolto il nostro paese nei decenni successivi all’unità.

1 recensione per Utopia

  1. Tobia Paolone

    Pubblichiamo la recensione arrivataci dalla redazione della Rivista Internazionale di studi sulle migrazioni italiani “Altreitalie” n. 65, luglio-dicembre 2022.

    A trent’anni esatti dalla proclamazione dell’Unità d ‘Italia si consuma una tragedia dimenticata. Il l 7 marzo 1891 il piroscafo Utopia, di fabbricazione scozzese, in partenza dall’Italia con destinazione New York, affonda davanti al porto di Gibilterra. Muoiono annegate nello scafo della nave più di cinquecento persone, nella quasi totalità migranti italiani provenienti dalle province più povere del Sud d’Italia, partiti per gli Stati Uniti in cerca di fortuna.
    Pina Mafodda ricostruisce questa dolorosa vicenda, accompagnando il lettore attraverso la narrazione di un viaggio in cui le speranze di una nuova vita vengono spezzate dopo soli cinque giorni di navigazione. Attraverso una narrazione che si dipana come una sorta di diario di bordo, questo saggio riper- corre le tappe fondamentali dell’esperienza migratoria, scandendone i momenti principali, dalla partenza fino alla cronaca del disastro e agli sviluppi successivi.
    Più di quattro milioni di italiani emigrano negli Stati Uniti tra la fine dell ‘Ot­tocento e gli inizi del Novecento. Quasi tutti coloro che intendono intraprendere questo percorso si affidano ai cosiddetti agenti di emigrazione, personaggi senza scrupoli che spesso e volentieri – soprattutto prima della regolamenta­ zione delle loro funzioni con la legge del 190 l – raggirano i poveri contadini del Meridione con la promessa di terre floride e guadagni facili oltreoceano. Mafodda si soffemia su queste figure controverse, che di fatto danno il via alla catena migratoria, sottolineando come siano loro a procurare i biglietti di terza classe e a fornire ai migranti le informazioni circa il luogo di imbarco. Chi decide di partire lo fa per sfuggire alla povertà estrema che affligge il Sud del Paese. La miseria- sommata alla leva obbligatoria, che toglie alle famiglie forza lavoro sottraendo i figli maschi, e a un sistema di tassazione opprimente – lascia poche alternative se non trasferirsi altrove. I migranti, una volta rag­ giunto il porto, vengono fatti salire nella parte più. bassa della nave, gli uomini da un lato, le donne e i bambini da un altro. Da quel momento non è prevista nessuna assistenza sanitaria da parte del Regno d’Italia. Chi si ammala durante il viaggio, eventalità verrà immediatamente rimpatriato una volta raggiunta la destinazione scelta. È in questo periodo che molte compagnie di navigazione, fiutando il business dell’emigrazione come particolarmente redditizio, trasformano i propri piroscafi, adibendoli non più a trasporto merci, bensì a trasporto passeggeri.
    La Utopia è una di queste navi. Partito da Glasgow nel febbraio del 1891, dopo due brevi soste a Genova e a Catania, il piroscafo giunge a Trieste dove inizia a prendere a bordo i primi viaggiatori. Si sposta poi a Fiume, a Palermo e infine a Napoli, dove imbarca il grosso dei passeggeri. Dopo cinque giorni di navigazione, però, il clima cambia improvvisamente e una potente tempesta colpisce la nave appena fuori dal porto di Gibilterra. Il forte vento, la pioggia incessante e le onde fanno sì che la nave, oramai fupri controllo, vada a colpire il rostro dell’Anson, un incrociatore da guerra britannico, provocando uno squarcio nello scafo e trasfonnando di fatto quest’ultimo in una trappola . mortale per tutti coloro che viaggiano in terza classe.
    Mafodda prosegue analizzando come la stampa italiana abbia trattato la vicenda, riportando gli articoli usciti sui giornali dell’epoca, oltre alle varie dichiarazioni di testimoni e superstiti. Una parte dello studio, inoltre, è dedicata all’inchiesta giudiziaria e all’iter processuale che seguì la tragedia. Il volume, infine, è corredato da una serie di immagini e dalle liste passeggeri complete di tutti i nominativi dei migranti divisi per regione di provenienza, minuziosamente ricostruite con un attento lavoro di ricerca. Particolarmente interessante poi è la sezione denominata «microstorie» (pp. 151-58) nella quale si raccontano le vicende di alcuni viaggiatori, come quella del piccolo Pepino, 3 anni, che im­ barcatosi sull’Utopia, forse per raggiungere il padre già negli Stati Uniti, perde la madre e il fratello nella tragedia. L’autrice, attraverso un’accurata ricerca di archivio, riesce a scoprire l’identità di questo bambino dimenticato, dando un volto a uno dei protagonisti.
    La parte più toccante di questa ricostruzione, però, è sicuramente la nar­ razione – romanzata – dell’esperienza di Vincenza Scarpitti. La donna, una giovane molisana che dal porto Napoli si imbarca con il marito alla volta- di New “York e perde la vita nell’incidente, descrive l’immenso dolore di dover lasciare la propria tena di origine, perché «se rimaniamo qui, moriamo di fame», la confusione della folla in attesa una volta raggiunto il porto, il viaggio come «bestie» in uno «stanzone buio» in cui i bambini urlano e ognuno parla il proprio dialetto, fino all’angosciante momento della tempesta, quando la nave che si inclina e inizia a imbarcare acqua (p. 25).
    Come afferma l’autrice, «L’Utopia non ha portato lontano i viaggiatori, non sono anivati in America. Si sono fermati dove finisce il mondo, dove il Medi­ tenaneo e l’Oceano si confondono e si fondono reciprocamente; dove le navi passano, ‘ i viaggiatori abbracciano la speranza e un sogno» (p. 39). Mafodda, con questo suo saggio, restituisce alla memoria collettiva uno degli eventi più drammatici della storia dell’emigrazione italiana, fornendo un’identità a coloro che hanno perso la vita nella tràversata e per i quali la speranza di una esistenza migliore nella tanto sognata America è rimasta, appunto, un’utopia.

    Andrea Galli

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